“Se c’è una cosa in Italia che funziona è il disordine”. Bella forza direte, lo sappiamo tutti. E’ vero, ma quando lo scriveva Leo Longanesi erano gli Anni del Ventennio, quando il cosiddetto ordine fascista era un imperativo categorico come Bruno Vespa o il Costanzo Show.
Si chiamava Leonardo e come molti uomini che portano quel nome ne rispettano l’etimo, era un grande come giornalista, come scrittore e soprattutto come editore e organizzatore culturale, perché il giornalismo altro non è se non la capacità di condividere con gli altri la propria curiosità culturale utilizzando un mezzo di comunicazione esperto: la letteratura.
Se scopro che Chernobil è il frutto di un esperimento sulla sicurezza voluto dai militari russi e finito male, mi viene voglia di raccontarlo, e confrontare quello che ho imparato per trarne le conclusioni ed aiutare la baracca a crescere e vivere meglio, a costruire centrali sicure e non permettere ai militari di giocarci a piacimento.
Ma se vivo in un cloaca informatica dove giornali e televisioni, ossia il 95% dei mezzi di comunicazione esperti moderni sono in mano a poche persone, può finire che qualcuno abbia interesse a mettere nella testa degli italiani che il nucleare è pericoloso e se ne può fare a meno perché ci sono le energie alternative.
E può succedere che venticinque anni dopo quelli che hanno manipolato questa informazione stiano ancora guadagnando sulle centrali nucleari che si sono costruiti in casa, parlo di Francia e Germania, mentre le nostre famiglie non tirano la fine del mese perché un terzo del proprio reddito finisce a pagare energia che comperiamo da loro.
E siccome fare il giornalista, ossia condividere le proprie scoperte con gli altri, è la missione di tutti quelli che nascono con la disfunzione genetica della curiosità, l’esperienza dimostra che spesso questa attitudine ha dei risvolti pericolosi, perché se faccio il direttore del TG2 e vado raccontando che Gianfranco Fini avrò il prossimo bebè dalla ex fidanzata di quel nobiluomo di Gaucci, ex presidente del Perugia, può essere che domattina anziché continuare a fare il direttore di testata mi facciano dirige il traffico veicolare di viale Mazzini, di fronte al cavallone di bronzo che ne ha viste di tutti i colori anche quando la tivu era in bianco e nero. E il grande pubblico come ha saputo che questa notiziola non era una bufala? Da Striscia la Notizia, telegiornale satirico, che a suo tempo raccontò persino che la moglie del premier, intanto che lui faceva il premier, lei faceva la Veronica a Cacciari, frequentando le stanze del Partito Comunista di Venezia anziché quelle di Palazzo Chigi.
Dobbiamo dire grazie ad Antonio Ricci perché è un genio? No! Semplicemente adotta quel meccanismo atroce, nato nella Parigi del 1850, in base al quale il dito innocente di un bambino indica a tutti i cortigiani impauriti che il re è nudo.
Ma attenzione la satira non è quella comicità che Zelig porta oggi in televisione il sabato sera: se raccontassero onestamente quello che la satira pensa della Letizia donna sindachese, invece che farli recitare agli Arcimboldi, di proprietà Comunale, li rispedirebbero dritti dritti in quella mezza cantina sulla Martesana puzzolente – a metà di Viale Monza – dove sono stati fino adesso, tra il circolo anarchico e la cellula di democrazia proletaria che gli affitta i locali.
Scrivere un libro di saggistica politica all’insega del Think different, farcito di paradossi e esagerazioni, cioè con gli arnesi elementari della satira, significa aver voglia di raccontare alla prossima generazione che se vuole sopravvivere è il momento di mettersi l’elmetto, scavarsi una trincea e cominciare a tirare le uova marce contro i carri armati di piazza Tiananmen finché il pilota del cingolato non esce dalla torretta invasa dal puzzo per scendere a piedi e scoprire che lui ha la stessa età, la stessa estrazione sociale ed è fatto della stessa carne ed ossa di quello che gli si era parato davanti, e quindi possono anche ridere assieme della stupidità del potere.
Le uova marce sono tutti gli scritti e le espressioni di quella miriade di mezzi di comunicazione che le nuove tecnologie mettono a disposizione: blog, you-tube, free-press, persino i murales e gli sfregi satirici ai cartelloni pubblicitari stradali. Ma è bene che chi ha voglia di avventurarsi in questa missione sociale sia consapevole e con grande chiarezza che è una strada che non paga, anzi costa moltissimo in termini economici. Non salirete mai sui una corazzata mediatica come Mondadori o come il Saggiatore se racconterete alcune verità come quella che la politica italiana fa schifo da vent’anni. Io lo scrivevo su un settimanale di nome Il Federalismo, pagato dai soldi dello Stato per l’editoria politica, e lo scrivevo senza tessera di alcun partito. Era fatto da una ragazza sveglia, da molti collaboratori irregolari e da un satiro fetente, io. Tirava tremila copie e dava i soldi all’editore, e per questo era scappato dalle maglie del controllo. Risultato: hanno venduto la testata ad un gruppo di supermercati, che evidentemente qualcosa indietro avrà pur dato ai soliti noti.
Allora ho riunito quegli scritti pirati in un libro e corroborati di altro vetriolo, tanto pago io ed essendo l’editore di me stesso mi sono dato l’autorizzazione. Un noto editor, o consulente librario mi ha garantito che se certi poteri mi avessero voluto bene mi avrebbero garantiti una mezza dozzina di querele inutili, per esempio perché ho scritto che a ottantatre anni Napolitano lo vedevo meglio a spasso con i nipotini. Nulla, non mi hanno filato neanche di striscio. La Lega non mi ha perdonato di avere la prefazione di Feltri, Forza Italia ha cercato dove fosse in copertina un riferimento a Berlusconi e non trovandolo l’ha cestinato, Alleanza Nazionale voleva presentarlo in una delle sue riunioni per pensare – non sembra ma ne fanno anche loro – e fiondandosi a pagina 186 scopro che secondo me Fini deve ancora capire che cosa farà da grande. Per farla breve mi hanno raccontato che un vecchio amico senatore di AN, sputava lingue di fuoco dalle narici e dalle orecchie strappando in mille pezzettini la suddetta paginetta rea di lesa maestà.
E siccome questa situazione non è per nulla casuale, ma è il frutto di una precisa elaborazione culturale ormai venticinquennale (Villa Wanda, 1982, Piano di Rinascita Democratica della P2 scoperto dalla Procura di Milano ”immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa locale e della TV da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese”), è ora che nelle Università si cominci ad elaborare una evoluzione utile alla gente e al pianeta, perché le Università non servono solo a fabbricare lauree, ma a fabbricare idee, e questo ogni tanto i professori se lo dimenticano.
Una Prova? Il Corriere della Sera tutti i giorni pesa almeno mezzo chilo, mezzo euro solo di carta, e dopo due passaggi di distribuzione dovrebbe costare almeno due euro: la pubblicità paga a mala pena i giornalisti. Chi ci regala l’altra metà del giornale e perché?
Soldi, sesso e potere sono i corollari della politica, ma quando la politica è forte sesso e soldi passano in secondo piano. I Kennedy godevano di qualche svago con Marilyn Monroe, ma non c’era dubbio che incarnassero una politica forte, determinata e consapevole, così la signorina a corredo diventava un vezzo. E’ con le debite distanze – succedeva anche da noi all’epoca del console Craxi, quando De Michelis, allora ministro degli esteri scendeva la scaletta dell’aereo durante le missioni diplomatiche a braccetto con Debora Caprioglio, attrice preferita da Tinto Bras, un cultore di deretani nostrani. Ma la politica faceva politica, eccome, fin troppo, e della accompagnatrice smandrappata non se ne accorgeva nessuno.
Morale con questa gente moderna, a spasso per la politica, (”a ridatece” Martinazzoli, Andreotti e Cirino Pomicino) non andremo da nessuna parte e chi cercherà di opporsi a questi politici-dipendenti farà la fame perché nel frattempo in questi anni i soliti manovratori che li pagano si sono impadroniti dei sistemi bancari che stanno asciugando la vita della gente, ma questa è un’altra storia, è un’altra puntata di questo film dell’orrore.