Navigli da buttare. Moratti da amare

Dicono che Letizia sia innamorata. E fin qui, a parte la natura vagamente stravagante della notizia (tutto può succedere, il Nazareno camminava sulle acque di Tiberiade), la realtà si dipana dove la fantasia non può arrivare. Ma i maligni dicono che si è innamorata dell’assessore al traffico, il quale a sua volta è innamorato del ticket e delle telecamere per entrare in Centro. E qui il menage a trois si complica, diventa una troika feroce. Berlusconi e quel sant’uomo di Bossi l’hanno avvisata: guarda che i padani si incazzano. Per tenere sgombro il Centro basta chiuderlo, come fanno gli altri e non se ne parli più.

Io non sono un urbanista e non posso dare giudizi a vanvera, ma rilevo che da tre anni quattro città francesi, Parigi, Marsiglia, Nizza e Lione, sono scaravoltate come un campo di battaglia per stendere chilometri di binari del tram che ingombrano i due terzi dei boulevard, e dove i lavori sono finiti le automobili sono andate in castigo, nei budelli lasciati apposta intasati mentre i tram scorrazzano belli, nuovi e felici, più belli di quelli disegnati da Pininfarina che la Breda ha venduto anche ai greci ad Atene.

Noi invece in Viale Concordia i binari li abbiamo tolti, ma siccome siamo moderni abbiamo rimesso per terra i sassi degli antichi romani, il “pavè”, quelli che quando piove, per attraversarli in moto, bisogna essere un acrobata del Circo Togni. I quali sassi portano ogni anno al Comune qualche centinaio di migliaia di Euro di risarcimento per danni subiti da quelli che maldestramente ci scivolano sopra, non avendo fatto il corso alla Accademia del Funambolo. Per la cronaca quei soldi come gli altri sono sempre i nostri, devoluti inutilmente ad aggiustare i danni per colpa dei soliti rieccoli, i dipendenti pubblici senza competenza.

Infatti le corsie delle macchine le hanno ristrette allargando le pensiline agli autobus, che sono in mezzo alle macchine, così adesso fanno il doppio della fatica a camminare sia le macchine che gli autobus. In Comune hanno studiato ad Harvard, dipartimento psichiatrico, divisione psicodeboli pericolosi.

Nel mentre che tutto ciò ci ammorba, la Siora Bricchetto fa accordi con D’Alema per portare a Milano l’Expo mondiale nel 2015, cosa della quale sentivamo francamente la mancanza, una necessità talmente impellente da spingere i milanesi col cappello in mano alla corte di D’Alema e Bersani, che ci hanno appena randellato con le tasse, tanto per sentirci dire che potrebbero fare accordi con la destra milanese, a patto di tenere sempre ben presente che i morti di Salò e quelli della resistenza sono morti con peso specifico differente: i partigiani sono un po’ più morti dei nostri lombardi che a differenza dei comunisti credevano nello Stato. Quando ho sentito la bella notizia della joint-venture grazie alla quale i voti dati ai padani produttivi consentivano a D’Alema di proferire questi raffinati fioretti cimiteriali, ero a Dolceacqua, paesino ligure patria cinquecentesca della Famiglia Doria, dove i trecento abitanti della ridente, anzi ridentissima cittadina stanno completando la ristrutturazione della darsena e dell’alveo del loro dolce fiumiciattolo, un vero gioiello.

Siora Bricchetto Moratti in Sforza, mandi alla commissione che deciderà la sede dell’Expò qualche fotografia dei Navigi di Porta Ticinese, di quella latrina fetente abbandonata che regala miasmi e pantegane a noi poveri utenti degli aperitivi di Via Vigevano. Basta un’istantanea sulla vecchia riva dei ghiaioni e ci radiano per il corrente secolo da qualsiasi saga nazionale e internazionale, anche parrocchiale. L’Expo lo manderanno in una cittadina magari più modesta, ma dotata di valenti carpentieri, che sanno fare un po’ meno finanza e un po’ più banchine pulite e aperitivi graditi.

A proposito per il 2015 siamo sicuri di aver costruito strade e tangenziali sufficienti all’ordinaria amministrazione? Perché in caso contrario innescare un Expo sulla viabilità emorragica attuale sarebbe demenziale, – mi correggo – criminale.

Praga, Amsterdam, Salisburgo, Parigi, Barcellona, San Francisco, tutte le città civili che galleggiano sull’acqua come Milano l’hanno valorizzata, ne hanno abbellito gli argini, ne hanno curato il defluire e se la portano in palmo di mano come simbolo della vita che l ‘acqua da sempre rappresenta. Produciamo centinaia di architetti ogni anno che sono apprezzati in tutto il mondo: usiamoli per la nostra casa, per questa città, non solo per la ex Fiera e le Varesine dove palazzinari più o meno illuminati stanno facendo il loro onesto mestiere, impilare mattoni. Quanto mi manca Giulio Carlo Argan, il sindaco comunista e illuminato amante della Storia dell’Arte (prova che non tutti i comunisti sono da rottamare, solo quelli che pesano i cadaveri della Storia) che voleva sbancare il Centro di Roma per far rivivere i Fori Imperiali: lo hanno accusato di voler bloccare il traffico romano. Per quel che serve era meglio avere dei Fori felici a cielo aperto. Facciamolo anche noi a Milano con i navigli!

Qui invece in questi giorni stiamo tappezzando la circonvallazione di telecamere, i nuovi gendarmi del futuro (Sindaco vada al cinema a vedere Minority Report, si svaghi, e impari come i cittadini avvertono l’avvento delle telecamere, forse capirà che non le porteranno affetto o compassione).

Le persone sono ormai depresse da qualsiasi cosa, e potrebbero sentirsi meglio se invece dell’Expo, delle telecamere, delle pensiline a imbuto, del pavè, gli regalassimo qualche fazzoletto di serenità in darsena a Porta Genova, magari ben protetto da abusivi e taroccatori di borsette Gucci come quelli che bivaccano in Corso Vittorio Emanuele.

Io non ho nulla contro l’invadenza dei Magrebini (salvo alcuni articoli del Codice Penale), ma portare a Milano una grande manifestazione nelle condizioni in cui siamo mi sembra voler riproporre quel che facevano i Vassalli per farsi pagare le tasse dai contadini: dichiaravano guerra al vicino così potevano far pesare la loro protezione ai sudditi in modo che sganciassero moneta.

Soldi non ne abbiamo molti, e come sempre servono per pagare dipendenti inutili, ma quelli che rimangono potremmo usarli per comprare quell’asfalto che abbatte le poveri sottili della metà. Costa poco di più e dura molto di più, ossia non costa niente: l’abbiamo inventato in Italia e i tecnici del Comune lo vogliono usare qua e là nei prossimi anni per fare delle prove. Provare cosa? La resistenza dei nostri polmoni?

I soldi dell’Expò spendiamoli per fare qualche bretella sotterranea come a Boston, per attraversare il centro abitato senza impuzzare il prossimo che produce e sgobba, sarebbe gradito ai milanesi. A me per esempio sì!

Si convinca Signora Letizia, io la stimo fin da quando lei prese quella sua foto tenerissima della prima comunione e la mise sui manifesti elettorali per il Comune di Milano, sembrava la figlia di Sgarbi e la nipotina di Albertini. Lasci perdere le cose megalomani, metta mano all’ordinario e noi le vorremo bene come in quella foto straordinaria da Santa Bernadette.

Foto: la ridente Dolceacqua

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